Cestha, Centro Sperimentale per la Tutela degli Habitat, è un ente di ricerca con lo scopo di proteggere l’ambiente, nato dalla follia visionaria di due ragazzi con un pizzico di presunzione. Mossi dalla passione per l’ambiente e dalla volontà di colmare le lacune presenti nella protezione del mare, hanno deciso di rimboccarsi le maniche e sporcarsi le mani in prima persona. Dopo aver vinto i primi bandi, sono riusciti a trasferirsi nel vecchio Mercato del Pesce di Marina di Ravenna. Un edificio storico, del 1938, che vantava di essere uno dei più importanti in tutta Italia. E da lì ha avuto inizio il loro viaggio.
Volendo approfondire la problematica del by-catch, abbiamo deciso di intraprendere anche noi un viaggio: quello che ci ha portate a conoscere Cestha. In particolar modo abbiamo avuto la possibilità di intervistare il direttore Simone D’Acunto.
- Il centro di Cestha e la tribuna del vecchio Mercato del Pesce.
Ciao Simone. Tra tutte queste tartarughe marine che ci accolgono, vogliamo chiederti: chi è Cestha e di cosa si occupa?
Cestha è un centro che si occupa della tutela degli habitat, della conservazione e del recupero della fauna marina e, infine, il nostro staff è specializzato nello sviluppo di una pesca sostenibile. Al momento il nostro centro vanta una capienza di 64 posti, attualmente occupati solo da tartarughe.
Sì, infatti, studiando un po’ il vostro lavoro, abbiamo visto che vi occupate di tanti progetti. Uno dei principali che portate avanti è, appunto, il recupero degli animali vittime di by-catch. Cosa ci puoi raccontare a riguardo?
Allora, diciamo che la pesca è un’attività produttiva che punta a prelevare specie con un valore commerciale. Senza volerlo, però, impatta su altre specie non solo importanti dal punto di vista conservazionistico, ma anche sugli stessi animali dal valore commerciale che vengono pescati sotto-taglia. Quindi è importante ricordare che anche questo deve essere considerato come by-catch o cattura accessoria. Noi, a dire il vero, ci troviamo un po’ di tutto. Ad esempio, quest’anno ci è capitato di recuperare un sacco di astici. Alcune sotto taglia, quindi i pescatori hanno deciso di portarle qui da noi. Altre che, pur essendo della giusta taglia e quindi vendibili, erano poche. In questo caso, i pescatori hanno imparato che può esserci una speranza per il futuro di quella specie, favorendone la liberazione e quindi poi la riproduzione.
Così come le uova di seppia. Noi al momento portiamo avanti un progetto su questi animali, recuperando tutte le uova che “mamma-seppia” depone all’interno delle nasse, poi le lasciamo schiudere e liberiamo i giovanili. In questo modo, nel giro di un anno, queste seppioline potranno riprodursi e saranno pescate anche dai pescatori.
- Le vasche di Cestha e il progetto sulle seppie.
Tutto il lavoro che fate è davvero molto interessante. L’aiuto che date alla salvaguardia del mare e delle specie marine non è solo importante per l’ambiente stesso, ma dimostra che in questo modo si può comunque portare avanti un mestiere tanto antico come la pesca, ovviamente con le giuste conoscenze e precauzioni. Quali sono, però, le specie più colpite dal by-catch?
Di base abbiamo, come potete vedere, le tartarughe per quanto riguarda la pesca a strascico. Per la pesca da posta abbiamo astici, cavallucci marini, seppie.Poi c’è tutto un filone legato agli elasmobranchi (ad esempio squali, ma anche razze e torpedini, ndr), di cui noi ci occupiamo comunque.
A proposito di elasmobranchi, abbiamo notato che siete gli unici in Italia ad occuparvene. Anzi, siete nati proprio con questi animali.
Sì, noi nasciamo con la fauna ittica e gli elasmobranchi. Ad oggi siamo infatti gli unici che se ne occupano. Perché, comunque, è necessario che la qualità dell’acqua nelle vaschesia ottimale. Questi animali hanno quindi bisogno di parametri differenti rispetto alle tartarughe marine, ad esempio.
Voi quindi vi siete specializzati successivamente sulle tartarughe?
Sì, le tartarughe sono molto inflazionate, i centri di tartarughe marine in Italia sono davvero tanti. Circa 28-29 centri, se non mi sbaglio. Così abbiamo deciso di partire con qualcosa di diverso, di completamente nuovo. Abbiamo deciso di agire lì dove c’erano le mancanze. Poi il passaggio alle tartarughe è stato, in un certo senso, obbligato perché tra le catture di by-catch sono davvero numerosissime. È stato praticamente impossibile non occuparsene.
- Tartaruga marina presso il centro di Cestha.
Abbiamo approfondito quindi il lato degli animali e della natura. Dall’altro lato, ci sono però i pescatori. Come hai già detto anche tu, voi portate avanti anche progetti innovativi sulla sostenibilità della pesca. I pescatori, da questo punto di vista, come si dimostrano? Sono favorevoli, disposti magari anche ad un cambiamento degli attrezzi che da sempre usano?
Noi di Cestha, ormai, collaboriamo con i pescatori da dieci anni. Non vi nascondo che all’inizio è stato difficile, a causa delle diffidenze che molti di loro hanno sviluppato dopo essersi interfacciati con il mondo scientifico, che spesso usa come approccio quello di imporre. Superata questa diffidenza, si è aperta la comunicazione, la collaborazione. Ora c’è uno scambio reciproco. I pescatori sono più disposti ad ascoltare una nostra proposta di innovazione, di cambio degli strumenti, ma perché negli anni noi stessi siamo stati disposti ad ascoltare i loro suggerimenti. I pescatorinon sono assolutamente i nostri nemici. Anche nei confronti delle tartarughe, spesso loro sono i primi che si dispiacciono nel vedere una tartaruga in difficoltà. Vanno quindi trovate delle soluzioni, non estreme, che non penalizzino il loro lavoro e che, allo stesso tempo, siano efficaci per il bene degli animali. Questa è la nostra chiave di volta e fa sì che il nostro lavoro continui verso questa direzione.
- Il direttore, Simone D'Acunto, che mostra la nassa usata dai pescatori per catturare le seppie.
È un rapporto alla pari dunque. Un rapporto di dare e avere, basato sul dialogo e sull’ascolto. Una cosa molto importante e da cui tutti dovremmo imparare. Abbiamo ora un’ultima domanda da farti: un altro punto cardine di Cestha è la divulgazione. Chi sono, quindi, le persone a cui vi rivolgete e come reagiscono quando gli raccontate del mare? Noi, grazie anche all’esperienza presso il centro di Tartamare, abbiamo visto che molti non sono neanche a conoscenza di ciò che c’è nel mare. Spesso, ad esempio, la posidonia viene vista come una “schifezza” del mare, che deve essere tolta perché sporca. Sono in molti, purtroppo, a non sapere chi è il mare, chi lo abita, quali sono le problematiche e chi ne soffre. La vostra esperienza, invece, sotto questo punto di vista qual è?
Assolutamente uguale alla vostra. Le prime domande che i visitatori ci pongono quando vengono a trovarci e vedono le tartarughe è se le abbiamo prese da Lampedusa. Questo a dimostranza che la gente che vive su queste coste, non sa che le tartarughe possono trovarsi anche in Adriatico. Il sentimento è quindi uguale, ciò perché non c’è conoscenza. Ma questa mancanza deriva dal semplice fatto che i più grandi non hanno studiato a scuola educazione ambientale, molte nozioni non sono state date. Ora, invece, la situazione sta iniziando a cambiare. Noi, parlando anche a molti bambini, ci rendiamo conto che c’è molta più consapevolezza di questi temi. Loro sono un target, infatti, molto importante perché poi rappresentano il tramite con cui anche genitori o altri familiari possono apprendere determinati argomenti. Infine, abbiamo le generazioni intermedie, quindi studenti delle superiori o universitari, che magari vogliono intraprendere un percorso lavorativo in questo ambito. Quando parliamo a loro, oltre a fare divulgazione, cerchiamo di instillare anche un tipo di interesse professionale. Èmolto importante che i giovani d’oggi non si accontentino di fare volontariato, anche per questo Cestha non accetta volontari, ma che trovino un modo per far diventare il percorso di studio un vero e proprio lavoro. Quindi, anche loro rappresentano una fascia target importantissima perché da lì usciranno i changemakers, ovvero coloro che cambieranno il mondo.
Nella vostra comunità di Marina di Ravenna, invece, che riscontri avete avuto?
La città ci ha accolti benissimo, abbiamo un ottimo rapporto. Ravenna non è una città di mare, ma è una città sul mare. Quindi noi abbiamo fatto un po’ da collante tra i cittadini ed il mare e ne siamo molto contenti. Noi apriamo il centro dall’inizio primavera fino al periodo autunnale, tramite visite guidate su prenotazione. Tendiamo a fare l’80% di rilascio di tartarughe in mare aperto con il pubblico, con un momento divulgativo sulle problematiche dell’animale. Poi ci sono tutte le attività didattiche con le scuole o eventi vari. Un’altra cosa di cui ci occupiamo è fare alcune lezioni in università, anche questo è un momento di divulgazione piuttosto importante.
Senza alcun dubbio, Cestha è un piccolo gioiello dell’Adriatico. Un faro per tutti i ragazzi che, come noi, vogliono portare un cambiamento. Arrivando al porto di Marina di Ravenna, oltre all’odore del mare, si può respirare il senso di comunità, di collaborazione, osservando i diversi pescherecci con il logo del centro sulla cabina. Attraverso le loro porte, guardando negli occhi delle tartarughe che sbirciano curiose chi arriva, un sentimento di speranza si instilla nei cuori delle persone. Cestha è tutto questo, ma soprattutto è la cura di cui il mare ha bisogno.
- Impronta Animale e tartAmare incontrano Cestha.