I primi cheloni quindi erano sicuramente terrestri, e questo si dimostra facilmente anche osservando l'anatomia di una tartaruga marina attuale: le dita non sono fuse tra loro a formare una vera e propria pinna.
Poi, via, via, prevalsero le forme palustri e semiacquatiche; quelle che acquisirono una vita prevalentemente o completamente acquatica assottigliarono il guscio, per rendere il corpo più leggero e quindi più facile la fuga, e ripresero caratteristiche primitive come il capo non retrattile.
La scomparsa dei denti, che erano invece una caratteristica del passaggio anfibi-rettili, che quindi aveva distinto i cotilosauri, è stata una scelta opportunistica motivata da una dieta inizialmente onnivora (un becco corneo era sufficiente per tagliare le erbe e le foglie di cui prevalentemente si nutrivano, e anche per dilaniare le prede occasionali o le carogne in cui si imbattevano).
Questa mancanza di specializzazione nella dieta ha permesso loro di espandersi in tutti gli ambienti disponibili adattandosi ai diversi climi; ciò ha reso possibile anche alla maggior parte delle famiglie di superare le drammatiche conseguenze climatiche e ambientali derivate dal frazionamento negli attuali continenti dell'unica originaria piattaforma continentale (Pangea).
Forse non sono solo queste le scelte biologiche che hanno aiutato le tartarughe a giungere fino a noi; altre caratteristiche vi hanno senz'altro contribuito; purtroppo tutte non basteranno a salvarle da quello che è il peggiore cataclisma che stanno affrontando: la coesistenza con l'uomo.