Lo scienziato che studia gli alieni.
Il Mar Mediterraneo (come già detto nell’articolo Alien fish) si sta scoprendo sempre più invaso da quelle specie definite aliene, ovvero organismitrasportati dall’uomo in modo volontario o non volontarioal di fuori del loro areale naturale. Ma cosa sappiamo noi di loro? Come interagiscono con le specie autoctone nell’ecosistema Mediterraneo? Quali impatti creano?
Per rispondere a tutte queste domande, abbiamo deciso di intervistare il dottore Francesco Tiralongo, docente di zoologia e ricercatore all’Università di Catania, che studia le specie ittiche, il loro sfruttamento e la loro biologia, oltre che le invasioni biologiche in ambiente marino Mediterraneo.
1. Francesco Tiralongo
Ciao Francesco. Visto il tuo forte interesse verso le invasioni biologiche, ti va di raccontarci qualcosa riguardo il progetto AlienFish?
Sì, certo. AlienFish è nato nel 2012, all’interno di Ente Fauna Marina Mediterranea, un’associazione che abbiamo fondato ad Avola nello stesso anno e che nel tempo si è allargata con nuove delegazioni in altre regioni, quali Campania, Lazio e Sardegna. Inizialmente arrivavano segnalazioni sporadiche per il progetto, ora, invece,AlienFish è cresciuto molto e sempre più spesso veniamo contattati da parte di pescatori, subacquei e appassionati di mare, dai quali raccogliamo dati.Inoltre, è seguito da ricercatori appartenenti a diversi enti di ricerca nazionali. Attualmente stiamo lavorando sui dati 2020-2021, dove abbiamo raccolto oltre 400 segnalazioni valide (che sono state opportunamente controllate e filtrate) di specie ittiche aliene e rare. Abbiamo, infatti, già pubblicato due report importanti nel 2019 e 2020, ora speriamo di poter inviare e pubblicare questo nuovo report che non includerà i dati del 2022, che sono ancorain fase di raccolta.
È senza alcun dubbio un progetto molto importante ed interessante, che ci permette quindi di capire quali specie sono presenti e dove, ma anche con quale frequenza. Ma chi può parteciparvi?
Ormai a questo progetto partecipano in tanti, oltre ai pescatori di professione, ci sono molti cittadini che grazie al Citizen Science riescono a darci le loro segnalazioni. Ovviamente, vi è anche il coinvolgimento di diversi ricercatori e studenti di biologia marina, o anche solo di persone di altri ambiti ma che sono appassionate del mare. Partecipano poi affiliazioni come il WWF e il CNR. Quindi possiamo dire che siamo abbastanza presenti a livello nazionale e ciò ci permette di monitorare in maniera continua la presenza e l’abbondanza di specie aliene e rare nei mari italiani. Quello che possiamo dire, come è scritto anche nell’ultimo report del 2020, è che se consideriamo solo ed esclusivamente le specie ittiche, i mari italiani si ritrovano in una situazione diversa da quella, ad esempio, della vicina Grecia. Infatti, in quest’ultimo luogo abbiamo ad esempio il pesce scorpione (Pteroismiles) e il pesce palla maculato (Lagocephalussceleratus) che sono diventati talmente abbondanti da manifestare, appunto, un vero e proprio carattere invasivo. Mentre queste stesse specie nei nostri mari si vedono ancora raramente, soprattutto il pesce scorpione.
- Pesce scorpione a sx, pesce palla maculato a dx. (Wikimedia commons).
Quindi in Italia quali sono le specie ittiche aliene più frequenti?
Nei nostri mari sono essenzialmente quattro. In primis abbiamo il pesce flauto (Fistulariacommersonii) che ha conquistato l’intero Mediterraneo, mentre inizia a vedersi con una crescente frequenza il pesce coniglio scuro (Siganusluridus). Abbiamo poi, con un’abbondanza ancora piuttosto bassa, il pesce palla maculato (Lagocephalussceleratus), infine abbiamo il monacanto reticolato (Stephanolepisdiaspros). Da dati ancora preliminari, quindi non mi sbilancerei ancora tanto, sembra che sia in aumento la triglia del Mar Rosso (Upeneus pori), pescata recentemente nel catanese nella stessa zona dove fu segnalata per la prima volta nel 2017. Questa specie, in particolar modo, è facile che arrivi nei mercati, perché essendo molto simile alla triglia di scoglio (Mullussurmuletus) e di fango (Mullusbarbatus), che noi comunemente mangiamo, sicuramente passa spesso inosservata ai più. Quindi, molto probabilmente, è presente già in abbondanze superiori a quelle immaginate, ma semplicemente i pescatori e i consumatori non ci fanno caso. Ci sono magari, invece, casi in cui il pescatore si accorge che c’è qualcosa di strano, ma preso dal lavoro non pensa a comunicarlo a noi ricercatori e lo rigetta in mare.
- Triglia di fango sopra e triglia del Mar Rosso sotto (foto tratta dal video dei Fratelli Salamone dalla pagina facebook di Alienfish).
Che percezione hanno i pescatori di queste specie “strane”,che magari non hanno mai visto?
Per le specie ittiche non c’è ancora una grande percezione da parte del pescatore di questa invasione biologica. È un mare, più o meno, come è sempre stato, anche se certamente sta subendo dei cambiamenti. Infatti, alcune specie che prima erano più abbondanti, ora scarseggiano, come ad esempio la spatola (Lepidopuscaudatus) che in Sicilia era molto abbondante, soprattutto nel messinese, ora inizia a scarseggiare. Quest’ultima è una specie di interesse commerciale, non è una specie aliena. Mentre altre specie a carattere termofilo come il carango mediterraneo (Caranxcrysos) e il carango ronco(Caranxrhonchus), iniziano ad essere più abbondanti rispetto al passato. Per quanto riguarda gli invertebrati, attualmente c’è tantissima attenzione in tutto il Mediterraneo sul granchio reale blu (Callinectessapidus) e non parliamo di un lessepsiano, quindi proveniente dal Mar Rosso, ma di una specie aliena di origine atlantica. Noi, il 15novembre, abbiamo creato un evento che unisce cucina, tradizione e pesca e abbiamo portato proprio questo granchio in tavola grazie ad un notochef (Salvatore Gambuzza, detto Totò). Eventi di questo genere servono per far conoscere alle persone specie come il granchio reale blu, sia dal punto di vista ecologico, ma anche e soprattutto culinario. In questa maniera anche i pescatori sono più incentivati a catturarla e a venderla.
Mentre dal punto di vista economico, alla pesca quanto tange la presenza di queste specie aliene che stanno subentrando nei nostri mari?
Le specie aliene non sempre mostranoeffetti negativi immediatamente e facilmente misurabili.Caso particolare è quello del granchio reale blu. Qui abbiamo un effetto economico positivo ed un effetto ecologico negativo, perché comunque è una specie molto aggressiva nei confronti delle altre e può portare ad importanti squilibri ecosistemici. Considerate che questo granchio è ormai annoverato tra le 100 specie più invasive. Ma, d’altro canto, è anche vero che rappresenta in alcuni luoghi una risorsa economica in più per i pescatori e i venditori. Una domanda che ci siamo chiesti è: “Questa specie è da eradicare o no?” Perché se il suo valore commerciale aumenta, interesserà sempre di più al pescatore catturarla e venderla.
Però dal punto di vista ecosistemico è comunque una specie che crea danni, quindi è da eradicare, no?
Sì, secondo me, come tutte le specie aliene invasive, è una specie da eradicare, anche se in tutta probabilità l’unica cosa che per il momento possiamo fare è quella di limitare il danno che fa, pescandola sempre più. In Mediterraneo, ad oggi, l’eradicazione di specie aliene marine non ha mai avuto successo. Sarebbe un po’ come a voler eradicare le acciughe, le sardine, i saraghi o le triglie, che sono ovunque. Puoi tenerla sotto controllo, senza dubbio; puoi ridurne l’abbondanza, e in questo la pesca ci aiuta, ma non credo che si possa arrivare all’eradicazione.
Quindi dobbiamo imparare a conviverci. Prima però hai accennato alle specie termofile, come quelle specie che sono già presenti nella parte meridionale del Mediterraneo ma che, per l’innalzamento delle temperature, si stanno spostando anche nella parte settentrionale. Quali sono, anche in questo caso, le specie che possiamo trovare soprattutto nei mari italiani e in che abbondanza in base alla zona?
Possiamo trovare, come abbiamo già detto, ilcarango ronco o il carangomediterraneo, che sono specie che si pescano in maggior abbondanza rispetto al passato, soprattutto nelle coste meridionali d’Italia, ma non solo. Altra specie termofila è il pesce pappagallo o più correttamente noto come Scaro(Sparisoma cretense), che spesso viene erroneamente indicato come specie aliena. Ma già gli antichi romani conoscevano questo pesce, lo consumavano e lo importarono nelle acque laziali, dove addirittura imposero un divieto di pesca su questa specie. La sua abbondanza ha subito delle forti oscillazioni negli ultimi anni, attualmente viene pescata in grandissimi quantitativi qui in Sicilia, ma purtroppo non viene sfruttata adeguatamente. Anzi, in alcuni posti viene anche rigettata in mare perché non è considerata una specie pregiata, seppur commestibile.
Invece ora parliamo dal punto di vista del cittadino, che oltre ad essere sensibilizzato, magari può e vuole aiutare in qualche in modo. Prima, per quanto riguarda il progetto AlienFish, hai detto che vengono fatte molte segnalazioni dai cittadini. Ma, siccome voi non siete presenti in tutte le regioni, un cittadino a chi può segnalare la presenza di una specie aliena?
Fisicamente come Ente Fauna Marina Mediterranea non siamo presenti in tutte le regioni, nel senso che non abbiamo delegazioni in tutte le regioni, tuttavia abbiamo collaboratori in tutta Italia. Per il progetto AlienFish è presente una pagina web sul sito di Ente Fauna Marina Mediterranea, in cuitrovate tutti i contatti. Ma abbiamo anche un gruppo Facebook “Fauna Marina Mediterranea”,grazie al quale raccogliamo queste segnalazioni, e la pagina Facebook ufficiale del progetto AlienFish. Abbiamo anche creato una nuova locandina, aggiornata all’anno 2022, dove chi partecipa può trovare un indirizzo e-mail o un numero telefonico a cui inviare la segnalazione. A me spesso arrivano foto tramite Whatsapp di diverse specie interessanti. Pochi giorni fa ne abbiamo trovato uno molto raro su cui stiamo lavorando.
- Locandina 2022 del progetto AlienFish (Pagina Facebook di AlienFish).
Per curiosità, avete pensato anche alla possibilità di creare un’applicazione per raccogliere meglio queste foto o per poter facilitare l’identificazione della specie?
Assolutamente sì, ci abbiamo pensato. Probabilmente è una cosa che prima o poi faremo, ma è anche vero che abbiamo visto che il progetto nella sua forma attuale funziona molto bene. Questo perché, sostanzialmente, l’app già c’è ed è Whatsapp. Basta, quindi, fare una foto e inviarla con tutti i dati richiesti. Il bello delle specie aliene è che spesso cene possiamo trovare davanti una che non è mai stata segnalata in Mediterraneo. Proprio per questo motivo, sulla locandina abbiamo inserito un “pesce X” con il punto interrogativo, appunto per dire che va segnalata qualunque specie sospetta. Anche perché poi la validazione scientifica spetta a noi esperti, le uniche cose che ci interessano sono che la specie venga documentata almeno fotograficamente e alcune informazioni fondamentali sulla cattura, come la località precisa e la profondità. Quando possibile andiamo a recuperare l’esemplare, così da analizzarlo e da conservarlo nelle collezioni zoologiche presso l’Ateneo di Catania o dell’Ente. Quindi Whatsapp al momento va più che bene.
Abbiamo un’ultima domanda, siamo arrivati alla fine purtroppo. Secondo te, oltre alla pesca, esistono soluzioni che possano mitigare l’invasione delle specie aliene?O si andrà sempre più incontro ad una maggiore presenza di queste specie?
Io credo, in base a cosa ci dicono i dati, che l’ingresso delle specie aliene in Mediterraneo (che sono ormai più di mille) sarà un processo in costante crescita. La maggior parte delle specie non ha nessun interesse commerciale, oppure è molto scarso, quindi la pesca non è una soluzione per mitigare gli effetti dell’invasione biologica. A Cipro, ad esempio, intere squadre di subacquei vanno a caccia del pesce scorpione, togliendone dall’ambiente talvolta diverse centinaia al giorno. Sicuramente così tengono sotto controllo la popolazione della specie, ma non credo sia possibile in questa maniera raggiungere l’eradicazione della specie, che al massimo potrebbe essere strettamente locale e momentanea. L’unica cosa che possiamo fare è di aggiungere alla nostra cucina tutte quelle specie che possono essere consumate. Prevenire non si può, perché il Canale di Suez è ormai aperto da più di un secolo e mezzo. È possibile fare prevenzione su altri tipi di introduzione, come per le acque di zavorra che dovrebbero essereopportunamente trattate, così da impedire a larve e stadi adulti di specie aliene provenienti da altri mari, di colonizzare le nostre acque. Anche la sensibilizzazione degli acquariofili, che spesso liberano pesci tropicali in acque marine, può aiutare molto nella prevenzione. Ma rimedi riguardanti il Canale di Suez non sono applicabili.Addirittura, secondo un recente articolo di alcunicolleghi, ci sarà una colonizzazione dell’Atlantico delle specie aliene lessepsiane che oggi sono in Mediterraneo. Quindi almeno alcune diquelle specie che hanno già attraversato il Mediterraneo da est a ovest, probabilmente, giungeranno anche in Atlantico. Purtroppo, viviamo in un mare in costante cambiamento e che è destinato a cambiare ancora di più, a livello di biodiversità, fino a diventare un mare tropicale.
Senza alcun dubbio, quindi, dobbiamo rassegnarci, come già detto prima, a vedere sempre più specie diverse lungo le nostre coste. In un ambiente ampio come il mare, l’eradicazione di una specie è molto più difficile ed impossibile rispetto a quanto accade sulla terraferma. L’unica cosa che noi possiamo fare è aiutare progetti come AlienFish del dottor Tiralongo, attraverso l’invio di foto/video e alcune informazioni di base che verranno chiesti al momento della ricezione della foto. Chissà, magari un giorno potremo vedere Nemo a Napoli mentre Dory, purtroppo, è già arrivata…“Zitto e nuota, nuota e nuota. Noi che facciam? Nuotiam, nuotiam”.
Con queste ultime parole dell’amata pesciolina blu della Disney Pixar, noi vi salutiamo, sperando che anche questa intervista vi sia piaciuta e immaginando un mare sempre più invaso da alieni.